Quanto alla prima considerazione, è da sapere; che S. Francesco essendo in etade di quarantatre anni, nelle mille dugento ventiquattro, ispirato da Dio si mosse della Valle di Spuleto, per andare in Romagna con Frate Lione suo compagno; e andando, passò a piè del Castello di Montefeltro; nel quale Castello si facea allora un grande convito, e corteo per la cavalleria nuova d’uno di quelli Conti di Montefeltro, e udendo Santo Francesco questa solennitade che vi si facea, e che ivi erano raunati molti gentili uomini di diversi paesi, disse a Frate Lione: Andiamo quassù a questa festa, perocchè collo ajuto di Dio noi faremo alcuno buono frutto spirituale. Tra gli altri gentili uomini, che vi erano venuti di quella contrada a quello corteo, sì v’era uno grande e anche ricco gentiluomo di Toscana, lo quale avea nome Messere Orlando da Chiusi di Casentino; il quale per le meravigliose cose, che egli avea udito della santitade, e de’ miracoli di Santo Francesco, gli portava grande divozione, e avea grandissima voglia di vederlo, e d’udirlo predicare. Giunge Santo Francesco a questo castello, ed entra dentro, e vassene in sulla piazza, dove era raunata tutta la moltitudine di questi gentili uomini; e in fervore di spirito montò in su uno moricciuolo, e cominciò a predicare, proponendo per tema della sua predica queste parole in volgare: Tanto è il bene cheio aspetto, Ch’ogni pena m’è diletto; e sopra questa tema per dittamento dello Spirito Santo, predicò sì divotamente e sì profondamente, provandolo per diverse pene e martirj de’ Santi Apostoli e de’ Santi Martiri, e per le sue penitenzie de’ Santi Confessori, e per molte tribolazioni e tentazioni delle Sante Vergini e degli altri Santi, che ogni gente istava con gli occhi e con la mente sospesa verso lui, e attendevano, come se parlasse uno Angelo di Dio, tra li quali il detto Messere Orlando, toccato nel cuore da Dio per la meravigliosa predicazione di Santo Francesco, si puose in cuore d’ordinare e ragionare con lui dopo la predica de’ fatti della anima sua. Onde compiuta la predica, egli trasse Santo Francesco da parte, e dissegli: O padre io vorrei ordinare teco della salute della anima mia. Rispose Santo Francesco: Piacemi molto ma va istamani, e onora gli amici tuoi, che t’hanno invitato alla festa, e desina con loro; e dopo desinare, perleremo insieme quanto ti piacerà. Vassene dunque Messere Orlando a desinare: e dopo desinare torna a Santo Francesco,e si ordina e dispone con esso lui i fatti della anima sua pienamente. E in fine disse questo Messere Orlando a Santo Francesco: Io ho in Toscana uno Monte divotissimo, il quale si chiama il Monte della Vernia, lo quale è molto solitario, ed è troppo bene atto a chi volesse fare penitenzia, in luogo rimosso dalla gente, o a chi desidera vita solitaria, s’egli ti piacesse, volentieri lo ti donerei a te e a’ tuoi compagni per salute dell’anima mia. Udendo Santo Francesco così liberale profferta di quella cosa, ch’egli desiderava molto, n’ebbe grandissima allegrezza; e laudando, e ringraziando in prima Iddio e poi Messere Orlando, sì gli disse così: Messere Orlando, quando voi sarete tornato a casa vostra io manderò a voi de’ miei compagni, e voi mostrerete loro quel monte; e s’egli parrà loro atto a orazione e a fare penitenzia insino a ora io accetto la vostra profferta caritativa i e detto questo, Santo Francesco si parte: e compiuto, ch’egli ebbe il suo viaggio, si ritornò a Santa Maria degli Angeli: e Messere Orlando similmente compiuta ch’egli ebbe la solennitade di quello corteo, si ritornò al suo Castello, che si chiamava Chiusi, il quale era presso alla Vernia a uno miglio. Tornato dunque che Santo Francesco fu a Santa Maria degli Angeli, mandò due de’ suoi compagni al detto Messere Orlando: i quali, giugnendo a lui, furono con grandissima allegrezza e caritade da lui ricevuti. E volendo egli mostrare loro il Monte della Vernia, sì mandò con loro bene da cinquanta uomini armati acciocchè gli difendessono dalle fiere salvatiche e così accompagnati questi Frati, salirono in sul Monte, e cercarono diligentemente; e alla perfine vennono ad una parte del Monte molta divota, e molto atta a contemplare; nella quale parte si era alcuna planura; e quello luogo si scelsono per loro abitazione, e di S. Francesco; e’ insieme coll’ajuto di quelli uomini armati che erano in loro compagnia, feciono alcuna celluzza di rami d’alberi: e così accettarono al nome di Dio e presono il Monte della Vernia, e il luogo de’ Frati in esso Monte, e partironsi e tornarono a Santo Francesco. E giunti che furono a lui, sì gli recitarono, come e in che modo eglino aveano preso il luogo in sul Monte della Vernia attissimo alla orazione e a contemplazione: Udendo Santo Francesco questa novella, si rallegrò molto, e laudando e ringraziando Iddio, parla a questi Frati con allegro viso, e dice così: Figliuoli miei, noi ci appressiamo alla nostra Quaresima di Santo Michele Arcangelo, io credo fermamente, che sia volontà di Dio, che noi facciamo questa Quaresima in sul Monte della Vernia, il quale per divina dispensazione ci è stato apparecchiato: acciocchè a onore e gloria di Dio, e della sua Madre gloriosa Vergine Maria, e de’ Santi Angeli, noi con penitenzia meritiamo da Cristo consolazione di consacrare quel Monte benedetto, e allora detto questo, Santo Francesco si prese seco Frate Masseo da Marignano d’Ascesi, il quale era uomo di grande senno, e di grande eloquenzia; e Frate Angelo Tancredi da Rieti, il quale era molto gentile uomo, ed era stato cavaliere nel secolo; e Frate Lione, il quale era uomo di grandissima semplicità e puritade; per la qual cosa Santo Francesco molto lo amava. E con questi tre Frati Santo Francesco si puose in orazione, raccomandò sè, e li predetti compagni alle orazioni de’ Frati, che rimanieno, e mossesi con quelli tre nel nome di Gesù Cristo Crocifisso, per andare al Monte della Vernia, e movendosi Santo Francesco, chiamò uno di quei tre compagni, ciò fu Frate Masseo, e sì gli disse così: Tu, Frate Masseo, sarai nostro Guardiano e nostro Prelato in questo viaggio; cioè mentre che noi andremo e staremo insieme, e sì osserveremo la nostra usanza; che, o noi diremo l’ufficio, o noi parleremo di Dio, o noi terremo silenzio; e non penseremo innanzi, nè di mangiare, nè di bere, nè di dormire: ma quando e’ sarà l’ora dello albergare, noi accatteremo un poco di pane, e sì ci ristaremo, e riposeremoci in quel luogo che Dio ci apparecchierà. Allora questi tre compagni inchinarono i capi, e facendosi il segno della croce, andarono oltre: e la prima sera giunsono ad uno luogo di Frati, e quivi albergarono, la seconda sera, tra per lo mal tempo, e perchè erano stanchi, non potendo giugnere a uno luogo di Frati nè a castello, nè a villa nessuna, sopraggiugnendo la notte col mal tempo, si ricoverarono ad albergo in una chiesa abbandonata e disabitata, e ivi si puosono a riposare. E dormendo li compagni, Santo Francesco si gittò in orazione; ed eccoti in su la prima vigilia della notte, venire una grande moltitudine di Demonj ferocissimi, con romore e stropiccìo grandissimo, e cominciarono fortemente a dargli battaglia e noja; onde l’uno lo pigliava di qua, e l’altro di la; l’uno lo tirava in giù, e l’altro in su; l’ uno il minaccia d’ una` cosa, e l’altro gliene rimproverava un’altra; e così in diversi modi si ingegnavano di sturbarlo della orazione; ma non poteano, perchè Iddio era con lui. Onde quando Santo Francesco ebbe assai sostenuto queste battaglie de’ Demonj, egli cominciò a gridare ad alta voce: O spiriti dannati, voi non potete niente, se non quanto la mano di Dio vi permette: e però dalla parte dello onnipotante Iddio io vi dico, che voi facciate nel corpo mio ciò che vi è permesso da Dio; conciossiachè io lo sostegna volentieri, perch’io non ho maggiore nemico, che il corpo mio; e però se voi per me fate vendetta del mio nemico, voi mi fate troppo grande servigio. E allora i Demonj con grandissimo impeto e furia, sì lo presono, e cominciaronlo a strascinare per la chiesa, e farli troppo maggiore molestia e noja, che in prima. E Santo Francesco allora cominciò a gridare, e dire: Signor mio Gesù Cristo, io ti ringrazio di tanto onore e carità, quanto tu mostri verso di me; che è segno di grande amore, quando il Signore punisce bene il servo suo di tutti i suoi difetti in questo mondo, acciocchè non ne sia punito nell’altro. E io sono apparecchiato a sostenere allegramente ogni pena, e ogni avversitade che tu, Iddio mio, mi vuoi mandare per li miei peccati. Allora li Demonj confusi e vinti della sua costanza e pazienza, si partirono; e Santo Francesco in fervore di spirito esce della chiesa, e entra in un bosco, ch’era ivi presso, e quivi si gitta in orazione; e con prieghi, e con lagrime, e con picchiare di petto, cerca di trovare Gesù Cristo sposo e diletto della anima sua. E finalmente trovandolo nel segreto della sua anima, gli parlava riverente, come a Signore; ora gli rispondeva, come a suo giudice; ora il pregava, come padre; ora gli ragionava, come ad amico. In quella notte, e in quel bosco i compagni suoi, poichè s’erano desti e istavano ad ascoltare e considerare quello che facea; sì il viddono, e udirono con pianti e con voci, pregare divotamente la divina misericordia per li peccatori. Fu allora udito e veduto piagnere ad alta voce la passione di Cristo, come s’egli la vedesse corporalmente. In questa notte medesima il viddono orare colle braccia raccolte in modo di croce, per grande ispazio sospeso e sollevato da terra, e attorniato da una nuvola splendente. E così in questi santi esercizj tutta quella notte passò senza dormire; e di poi la mattina, cognoscendo li compagni, che per la fatica della notte, che passò senza dormire, Santo Francesco era troppo debole del corpo, e male avrebbe potuto camminare a piede; sì se ne andarono a uno povero lavoratore della contrada, e sì gli chiesono, per l’amore di Dio, il suo asinello in prestanza per Frate Francesco loro padre il quale non potea andare a piede. Udendo costui ricordare Frate Francesco, sì gli domandò: Sete voi di quelli frati di quello Frate d’Ascesi, del quale si dice cotanto bene? Rispondono li Frati, che sì, e che per lui veramente eglino addomandano il somiero. Allora questo buono uomo con grande divozione e sollecitudine, sì apparecchiò l’asinello, e menollo a Santo Francesco, e con grande reverenzia vel fece salire suso, e camminarono oltre; e costui con loro, dietro al suo asinello. E poichè furono oltre un pezzo, disse il villano a Santo Francesco: Dimmi, se’ tu Frate Francesco d’Ascesi? Risponde Santo Francesco che sì. Ora t’ingegna dunque, disse il villano, d’essere così buono, come tu se’ tenuto da ogni gente perciocchè molti hanno grande fede in te; e però io ti ammonisco, che in te non sia altro, che quello che la gente ne spera. Udendo Santo Francesco queste parole, non si sdegnò d’essere ammonito da uno villano, e non disse tra sè medesimo: Che bestia è costui, che m’ammonisce! siccome direbbono oggi molti superbi, che portano la cappa; ma immantinente si gittò in terra dello asino, e inginocchiossi dinanzi a costui, e baciolli i piedi; e sì lo ringrazia umilmente, perchè s’era degnato d’ammonirlo così caritativamente. Allora il villano, insieme con li compagni di Santo Francesco, con grande divezione lo levarono da terra, e ripuosonlo in su l’asino, e caminarono oltre, e giunti che furono forse a mezza la salita del monte, perch’era il caldo grandissimo, e la salita faticosa, e questo villano gli venne gran sete, intento che cominciò a gridare dopo Santo Francesco, dicendo: Oimè? che io mi muoio di sete; che se io non ho qualche cosa da bere, io trafelerò immantanente. Per la quale cosa Santo Francesco iscende dallo asino e gittasi in orazione e tanto si stette ginocchioni colle mani levate a Cielo, che cognobbe per revelazione, che Iddio l’avea esaudito. E allora disse Santo Francesco al villano: Corri, va tosto a quella pietra, e ivi troverai l’acqua viva, la quale Gesù Cristo in questa ora, per la su misericordia, ha fatta uscire da quella pietra. Corre costui a quello luogo che Santo Francesco gli avea mostrato, e trova una bella fonte, per virtù della orazione di Santo Francesco prodotta dal sasso durissimo, e bevvene copiosamente, e fu confortato. E bene apparve, che quella fonte fusse da Dio prodotta miracolosamente per li prieghi di Santo Francesco, perocchè nè prima, nè poi in quello luogo non si vide giammai fonte d’acqua, nè acqua viva presso a quello luogo a grande ispazio. Fatto questo Santo Francesco con li compagni e col villano ringraziarono Iddio del miracolo mostrato, e poi camminarono oltre. E appressandosi a piè del sasso proprio della Vernia, piacque a Santo Francesco di riposarsi un poco sotto una quercia, che era i sulla via, ed evvi ancora; e istando sotto ad essa Santo Francesco, cominciò a considerare la disposizione del luogo e del paese: e istando in questa considerazione, eccoti venire una grande moltitudine d’uccelli di diverse ragioni, li quali con cantare e con battere l‘ali, mostravano tutti grandissima festa e allegrezza; e attorniarono Santo Francesco in tale modo, che alquanti se li puosono sul capo, alquanti in sulle spalle, e alquanti in sulle braccia, alquanti in grembo, e alquanti d’intorno a’ piè. Vedendo questo i suoi compagni, ed il villano, e maravigliandosi Santo Francesco, tutto allegro in ispirito disse così: Io credo, carissimi fratelli, che al nostro Signore Gesù Cristo piace, che noi abitiamo in questo Monte solitario, poichè tanta allegrezza ne mostrano della nostra venuta le nostre sirocchie e fratelli uccelli. E dette queste parole, si levarono suso, e camminarono oltre; e finalmente pervenonno al luogo, ch’aveano in prima preso i suoi compagni. E questo è quanto alla prima considerazione, cioè come Santo Francesco pervenne al Monte Santo della Vernia.