La orazione si è principio, mezzo e fine d’ogni bene, l’orazione illumina l‘anima, e per essa discerne l‘anima il bene dal male. Ogni uomo peccatore dovrebbe fare questa orazione ognindì continovamente, con fervore di cuore; cioè pregare Iddío umilemente, che li dia perfetto cognoscimento della -propria miseria e delli suoi peccati, e delli beneficj, ch’ha ricevuti e riceve da esso buono Iddio. Ma l’uomo che non sa orare, come potrà cognoscere Iddio? E tutti quelli che si debbono salvare, se eglino sono persone di vero intelletto, al pottutto fa bisogno che eglino si convertano finalmente alla santa orazione. Disse Frate Egidio: Ma se fusse uno uomo, che avesse uno suo figliuolo, il quale avesse commesso tanto male che fusse condannato a morte, ovvero che fosse isbandito dalla cittade; certa cosa è, che questo uomo molto sarebbe sollecito di procurare a tutta sua possa di dì, e di notte, e a ogni ora, ch’egli potesse impetrare grazia della vita di questo suo figliuolo, ovvero di trarlo di bando; facendo grandissime preghiere e supplicazioni, e donando presenti ovvero tributi, a tutta sua possanza, e per sa medesimo e per gli altri suoi amici e parenti. Adunque se questo fa l’uomo per lo suo figliuolo, il quale è mortale; quanto dovrebbe essere più l’uomo sollecito a pregare Iddio, ed eziandio a farlo pregare per li buoni uomini in questo mondò, e ancora nell’altro per li suoi Santi, per la propria anima sua la quale è immortale, quando ella è isbandita della cittade celestiale, o veramente quando è condannata alla morte eterna per li molti peccati! Uno Frate disse a Frate Egidio: Padre, a me pare che molto si dovrebbe dolere l’uomo ed avere grande rincrescimento, quando egli non può aver grazia di divozione nella sua orazione. Al quale Frate Egidio rispose: Fratello mio, io ti consiglio che tu facci pian piano il fatto tuo; imperocchè, se tu avessi un poco di buono vino in una botte, nella quale botte fusse ancora la feccia di sotto a questo buono vino; certa cosa è, che tu non vorresti picchiare nè muovere questa botte, per non mescolare il buono vino colla feccia, e così dico: per fino a tanto che la orazione non sarà partita da ogni concupiscenzia viziosa e carnale, non riceverà consolazione divina; perocchè non è chiara nel cospetto di Dio quella orazione, la quale è mescolata colla feccia della carnalità. Ed imperò si debbe l’uomo isforzare quanto più egli può, di partirsi da ogni feccia di concupiscenzia viziosa; acciocchè la sua orazione sia monda nel cospetto di Dio, ed acciocchè da essa riceva divozione e consolazione divina. Uno Frate domandò Frate Egidio, dicendo: Padre, per che cagione avviene questo; che quando l’uomo adora Iddio, che molto più è tentato, combattuto è travagliato nella mente sua, che di nessuno altro tempo? Al quale Frate Egidio rispuose così: Quando alcuno uomo ha a terminare alcuna quistione dinanzi al giudice, ed egli va per dire la sua ragione al giudice, quasi domandandogli consiglio e ajutorio; come il suo’avversario sente questo, di subito comparisce a contraddire, ed a resistere alla dimanda di quello uomo, e si gli dà grande impedimento, quasi riprovando ogni suo detto: e così similmente avviene, quando l’uomo va alla orazione: perocch’egli addimanda ajutorio a Dio della cagione: ed imperò subito comparisce il suo avversario Demonio colle sue tentazioni, a fare grande resistenzia e contraddizione, a fare ogni suo isforzo, industria ed argomento che può, per impedire l’orazione; acciocchè quella orazione non sia accettata nel cospetto di Dio, ed acciocchè l’uomo non abbia da essa orazione alcuno merito, nè consolazione. E questo possiamo noi bene vedere chiaramente; perocchè quando noi parliamo delle cose del secolo, in quella volta non patiamo alcuna tentazione nè furto di mente; ma se noi andiamo alla orazione per dilettare e consolare l‘anima con Dio, subito sentiremo percuotere la mente di diverse saette, cioè di diverse tentazioni; le quali le mettono li Demonj per farci isvariare la mente acciocchè l‘anima non abbia diletto nè consolazione di quello, che la detta anima parla com Dio. Disse Frate Egidio, che l’uomo oratore dee fare, come fa il buono cavaliere in battaglia; che avvegnach’egli sia o punto, o percosso dal suo inimico, non si parte però subito dalla battaglia, anzi resiste virilmente per avere vittoria del suo nimico acciocchè avuta la vittoria egli s’allegri e consoli della gloria: ma s’egli si partisse dalla battaglia, com’egli fosse percosso e ferito, certa cosa è ch’egli sarebbe confuso e svergognato e vituperato. E così similmente dobbiamo fare noi; cioè non per ogni tentazione partirci dalla orazione, ma dobbiamo resistere animosamente; perocchè è beato quello uomo che sofferisce le tentazioni, come dice l’Apostolo; perocchè vincendole, riceverà la corona di vita eterna, ma se l’uomo per le tentazioni si parte dalla orazione, certa cosa è, che egli rimane confuso, vinto e sconfitto dal suo nimico Demonio. Uno Frate disse a Frate Egidio: Padre; io vidi alcuni uomini, li quali ricevettono da Dio grazia di divozione di lagrime in nella sua orazione; ed io non posso sentire alcuna di queste grazie, quando adoro Iddio, al quale Frate Egidio rispuose: Fratello mio, io ti consiglio, che tu lavori umilmente e fedelmente in nella tua orazione; imperocchè il frutto della terra non si può avere senza fatica, e senza lavorio innanzi adoperato; ed ancora dopo il lavoro, non seguita però il frutto desiderato subitamente, per infino a tanto che non è venuto il tempo della stagione: e così Iddio non dà subito queste grazie allo uomo in nella orazione, per infino a tanto che non è venuto il tempo convenevole, e per infino a tanto che la mente non è purgata di ogni carnale affezione, e vizio. Adunque, fratello mio, lavora umilmente nella orazione; perocchè Iddio, il quale è tutto buono e grazioso, ogni cosa cognosce e discerne il migliore, quando e’ sarà il tempo e la stagione, egli come benigno ti darà molto frutto di consolazione. Uno altro Frate disse a Frate Egidio: Che fai tu Frate Egidio? che fai tu Frate Egidio? ed egli rispuose: Io faccio male, e quello Frate disse: Che male fai tu? E allora Frate Egidio si voltò a un altro Frate, e sì gli disse: Dimmi fratello mio, chi credi tu che sia più presto, o il nostro Signore Iddio a concedere a noi la sua grazia, o noi a riceverla ? e quello Frate rispuose: Egli è certa cosa, che Iddio è piu presto a dare a noi la grazia sua, che noi non siamo a riceverla. Ed allora disse Frate Egidio: Dunque facciamo noi bene? E quel Frate disse: Anche facciamo noi male. E allora Frate Egidio si rivoltò al primo Frate, e disse: Ecco Frate, che si mostra chiaramente, che noi facciamo male; ed è vero quello ch’io allora rispuosi, cioè ch’io facea male. Disse Frate Egidio: Molte opere sono laudate e commendate nella Santa Scrittura, ciò sono l‘opere della Misericordia, ed altre sante operazioni: ma favellando il Signore della orazione, disse così: Il Padre celestiale va cercando, e vuole degli uomini che lo adorino sopra la terra in ispirito, ed in veritade. Ancora disse Frate Egidio, che li veri religiosi sono simili alli lupi: perocchè poche volte escano fuori in pubblico, se non per grande necessitate; ma incontanente si studiano di tornare al suo segreto luogo, senza molto dimorare nè conversare in fra la gente. Le buone operazioni adornano l’anima; ma sopra tutte le altre, la orazione adorna e illumina l‘anima. Uno Frate compagno e molto familiare di Frate Egidio, disse: Padre, ma perchè non vai tu alcuna volta a favellare delle cose di Dio, e ammaestrare e procurare la salute delle anime delli cristiani? Al quale Frate Egidio rispuose: Fratello mio, io voglio soddisfare allo prossimo con utilitade, e senza danno dell’anima mia, cioè colla orazione. E quel Frate gli disse: Almeno andassi tu qualche volta a visitare li tuoi parenti. E Frate Egidio rispuose: Non sai tu, che ‘l Signore dice nel Vangelio: Chi abbandonerà padre e madre, fratelli, sorelle e possessioni per lo nome mio, riceverà cento cotanto? E poi disse: Uno gentile uomo entrò nello Ordine delli Frati, del quale valsono le ricchezze forse sessenta milia lire, adunque grandi doni s’aspettano a quelli, che per Dio lasciano le cose grandi, dappoichè Iddio gli dona cento cotanti più. Ma noi che siamo ciechi, quando vediamo alcuno uomo virtuoso e grazioso appresso a Dio, non possiamo comprendere la sua perfezione, per la nostra imperfezione e cecitade. Ma se alcuno uomo fosse vero spirituale, appena ch’egli volesse mai vedere nè sentire persona, se non per grande necessitade: perocchè il vero spirituale sempre desidera d’essere separato dalla gente, ed essere unito con Dio per contemplazione. Allora Frate Egidio disse ad uno Frate: Padre, volentieri vorrei sapere, che cosa è contemplazione, e quel Frate rispuose: Padre, non lo so già io. Allora Frate Egidio disse: A me pare che ‘l grado della contemplazione sia un fuoco divino, ed una devozion soave dello Spirito Santo, ed uno ratto e suspensione di mente inebriata in nella contemplazione di quello gusto ineffabile della dolcezza divina; ed una dolce e queta e soave dilettazione della anima, che sta sospensa e ratta con grande ammirazione di gloriose cose superne celestiali, ed uno infocato sentimento intrinseco di quella gloria celestiale ed innarrabile.